top of page
  • Davide Friello

Percussioni, riti e celebrazioni

Essere un musicista di percussioni ha sempre avuto un’importanza molto speciale per me. Quei ritmi che ti entrano nelle vene, quei suoni forti che battono fino ad arrivare nelle viscere della pancia, che destano reminiscenze ancestrali, ricordi atavici di simbologie arcane, echi di passati lontani … ecco quei ritmi mi hanno sempre preso, coinvolto, quasi inebriato a volte, oserei dire.





Quegli stessi ritmi mi hanno portato a vivere esperienze che in alternativa non avrei vissuto, esperienze molto profonde che sono riuscite a toccare le corde della mia anima, che hanno lasciato ricordi indelebili sulla mia pelle.


In questi casi suonare si rivela un vero e proprio rito, un rituale che si perpetua infinito, ogni volta rinnovato e magicamente intenso. Fin dall’antico l’azione ispiratrice dell’invisibile suono, che muove e unisce i cuori degli uomini, fu sentito come un mistero. Da sempre questo mistero mi affascina ed è diventato il mio mondo.

Diverse sono state le occasioni preziose dove ho suonato per celebrare qualche momento speciale dell’esistenza.


Non posso non ricordarmi di una tra le esperienze più emozionanti della mia vita. Mi sono sempre definito un musicista viaggiatore, perché spesso il mio amore per la musica e per i viaggi si è intrecciato.



Photograph: Johan Ordonez/AFP/Getty Images

Era il 21 dicembre 2011 e alle spalle avevo due lunghi anni di viaggi, perlopiù in solitaria, in gran parte del Latino America. Dopo aver visitato gran parte del Sud America ed un breve rientro in Europa approdo in Centro-America. Dopo il Messico, è stata la volta del Guatemala, terra dalle tradizioni molto vive, terra dalla quale mi sono subito sentito accolto e amato.

Alla fine di quell’anno per il solstizio d’inverno mi ritrovo a partecipare e suonare le mie percussioni ad una delle cerimonie più belle e profonde che si svolgono in quella terra meso-americana, proprio davanti alla grandioso Tempio del Gran Giaguaro del complesso archeologico di Tikal.



Per l’occasione tanti erano gli indigeni che sono arrivati dalle valli e montagne di tutto il paese per il rituale del fuoco .

Tikal è una delle città più grandi, misteriose ed antiche delle civiltà Maya. I templi si innalzano su piramidi altissime, dalle linee molto strette e imponenti ed il richiamo atavico della cultura maya si respira in ogni singola pietra.


Quel solstizio d’inverno, cadeva anche nel giorno dell’eclissi di luna, e la cerimonia fu particolarmente suggestiva, essendo io l’unico straniero tra gli autoctoni.


C’era un fuoco gigantesco continuamente alimentato con vari tipi di “offerte” dal grande cerchio di persone e vari interventi musicali, tra i quali il mio.

All'epoca ancora non avevo iniziato la mia avventura con gli handpan e avevo con me il mio fedele tamburo da viaggio... l'esperienza di produrre ritmo sopra al tempio delle Maschere o Tempio II con tutte quelle persone sotto è semplicemente indescrivibile.


Il mio ricordo è ancora indelebile… quel fuoco aveva preso vita e danzava tra noi.


Anni dopo, nel 2017 sempre in Guatemala ho suonato in occasione della Ecstatic Dance, una celebrazione con un valore molto profondo per i viaggiatori che approdano al lago Atitlan.

La regione del lago Atitlan, con i suoi suggestivi vulcani ed in particolare il villaggio di San Marcos La Laguna, è una felice commistione tra viaggiatori, artisti, ricercatori spirituali di tutto il Mondo e la comunità indigena locale molto legata alle tradizioni, ai mercati, ai costumi tipici ma soprattutto alle cerimonie.


Nella Ecstatic Dance dalla mattina e per molte ore le persone presenti danzano, instancabilmente, arrivando ad una naturale estasi meditativa, dove il movimento del corpo si fonde con le vibrazioni sonore. Tanti corpi sconosciuti di adulti, ragazzi e bambini che, danzando al ritmo della musica, ballano, interminabilmente, all’unisono, mossi da un unico, grande, misterioso sentire che li unisce e li fa vibrare insieme.





Io ero lì che suonavo con i Tambour Collective, un gruppo di percussionisti e musicisti che avevamo fondato in quel periodo di permanenza nella terra guatemalteca. Mentre le luci del giorno cambiavano, passando dalla luce della mattina a quelle della sera, quel suonare interminabile ed estatico creava un afflato col flusso perenne del passaggio della vita.


Questo valore sacro della musica mi ha sempre toccato e colpito. Non a caso molto spesso nei miei concerti, specie in quelli più intimi e raccolti, dove il pubblico è più caldo e attento inizio sempre col suono forte, dirompente, ripetitivo del tamburo sciamanico. Quel tamburo che àncora, stimola, risuona nel torace e riporta indietro nella memoria, a ricordi non vissuti, a viaggi in altre dimensioni.


E qualunque sia il vostro … buon viaggio…


Alla prossima.


*Il Blog è a cura di Rosaria Fabrizio


1 commento
bottom of page